Caltanissetta

11.11.2008 13:30

Distesa sul fianco della valle del fiume Salso, alle pendici del Monte San Giuliano, Caltanissetta lega il suo passato all'attività delle solfatare. Quest'ultima ha reso la città il fulcro minerario in Sicilia sino ai primi decenni del secolo scorso, quando i minatori, scrive Vuillier, "maledicevano la vita e invidiavano i maiali che a fine anno erano certi di morire"…ed ecco ricordare la denuncia spietata di Zola che dà, a chi legge Germinale, "un brivido di terrore".
Secondo quanto testimoniato dal geografo arabo Idrisi, il vasto agglomerato urbano di questa città si è originato a partire da Nissa (da cui nisseno, abitante di Caltanissetta), antico villaggio sicano; riferendosi alle donne di Nissa, Idrisi chiamò Caltanissetta "Qalat-an-Nisa", cioè "Il castello delle donne".
Oggi questo centro mantiene il primato nel commercio dello zolfo ed è anche importante mercato agricolo, ma la sua economia si poggia soprattutto sull'industria enologica e sulla raffinazione del petrolio

 

Il sentimento del sacro che si manifesta in ogni luogo della Sicilia e che porta con sé la profonda religiosità di un popolo, si trasforma nel corso del tempo ma non arresta i suoi modi di espressione, attraverso riti, feste e spettacoli.

Gli ultimi giorni di maggio, a Caltanissetta, i fedeli sono devoti a San Michele Arcangelo che, secondo la leggenda, era apparso a un frate cappuccino annunziando che avrebbe protetto la città.

Quando, infatti, nel 1625 dilagò la peste in città e le mura furono protette da guardie per impedire l'accesso agli appestati, San Michele fulminò uno di questi nell'atto di entrare. La statua del patrono fu realizzata da Stefano Li Volsi intorno alla prima metà del '600; oggiviene portata in processione dalla cattedrale al santuario di San Michele, dove sosta per qualche giorno in previsione del pellegrinaggio dei fedeli.

Secondo quanto scrive G. Pitrè in Feste patronali, la predilezione dei nisseni per il patrono è confermata da una storia narrata da Medicano: "Quando l'Arcangelo cacciò via dal cielo Lucifero, e questi piombò in Sicilia, l'Arcangelo lo inseguì e con una sciabolata gli fece saltare un corno, che andò a cadere in Mazzara, mentre Lucifero, digrignando i denti, gli strappò da un'ala una penna, la quale andò a cadere a Caltanissetta, dove fu presa come insigne reliquia".

Ma una voce sinistra completa la storiella così: "La penna non esiste più, perché i peccati dei nisseni eran tanto grossi che la penna non volle più restare in quel paese, e volò in paradiso".

Un pò di storia

 

 

Interessanti reperti archeologici delle vicine località, come quella di Sabucina, testimoniano l'origine sicana della città.
Nella zona della Montagna felice (Gebel Habib) è stata rinvenuta un'epigrafe pregreca che accenna all'antica Nissa, villaggio dal cui nome derivò quello di Caltanissetta: dall'arabo Qalat-an-Nisa, cioè "Il castello delle donne".
Dopo gli arabi, i normanni, che occuparono Nissa nel 1087, vi consacrarono la bella chiesa romanica di Santo Spirito.

Quando, tre secoli dopo, Guglielmo Peralta diviene signore di Caltanixetta, inizia in Sicilia il cosiddetto "Governo dei quattro Vicari".
Il dominio dei Peralta è testimoniato dalle rovine del castello di Pietrarossa, (ancora visibili nei pressi della città anche dopo il terremoto del 1567) dove si riunirono, nel 1358, i quattro più potenti signori della Sicilia (Alagona, Ventimiglia, Peralta, Chiaramente), per decidere le sorti dell'Isola sotto il nuovo governo.

Per favorire l'esportazione dello zolfo, i Moncada (1553) fecero costruire, sul fiume Salso, il ponte di Capodarso, la cui possente arcata è oggi ancora visibile insieme al grandioso ma incompiuto palazzo Moncada. Tra il 1500 e il 1700 molti comuni nisseni si trasformarono, da borghi rurali quali erano, in vere e proprie città a testimonianza della crescente feudalità. All'indomani del feudalesimo (1818 circa) iniziò a prendere forma l'entità territoriale della provincia di Caltanissetta che oggi conosciamo.

Durante il dominio borbonico (1735-1860), Caltanissetta divenne capoluogo di provincia; questo fatto allontanò i nisseni dalle mire separatistiche di Palermo, le cui bande armate, indotte dal principe San Cataldo ed avide di sangue e di bottino, diedero alle fiamme il quartiere della Grazia.
Nel 1849 una delegazione di palermitani offrì, proprio a Caltanissetta, la capitolazione della Sicilia ai borboni al termine della rivoluzione federale guidata da Ruggero Settimo.
Fanno parte della storia più recente di questa città, le sciagure minerarie che hanno provocato la morte di centinaia di uomini: sono tristemente ricordate le miniere di Trabonella, Gessolungo e Deliella.

 

© 2008 All rights reserved.

Crea un sito web gratisWebnode